Amazzonia: i sogni e l’amore di Papa Francesco
Incredibile Bergoglio. Papa Francesco non finisce mai di stupirci. Il Sinodo speciale sull’Amazzonia ha suscitato un enorme interesse ma anche un’enormità di polemiche. Ancora due settimane fa, in attesa dell’Esortazione apostolica, è stato pubblicato un libro con firma impropriamente attribuita al Papa Emerito, pur di cercare di condizionare Papa Francesco e presentarlo al mondo come colui che stava stravolgendo il magistero pontificio. Mercoledì 12 febbraio, nella Sala Stampa della Santa Sede, è stata presentata l’Esortazione apostolica postsinodale “Querida Amazonia” (“Cara Amazzonia”). Un capolavoro. Da più di 25 anni sono accreditato in Sala Stampa Vaticana, ho seguito tutti i Sinodi che si sono svolti a Roma, ma non ho mai visto una tale Esortazione postsinodale. E confesso di non aver mai nemmeno immaginato che un Pontefice potesse esprimere una tale creatività, chiarezza di analisi e soluzioni, coerenza con il Vangelo nei tempi moderni, come è evidente nella “Querida Amazonia”. I contenuti forti e chiari sono coniugati con uno stile narrativo eccezionale, dove verità anche forti e crude sono comunicate con sogni e poesie. Ha scritto Francesco: «Mi permetto umilmente, in questa breve Esortazione, di formulare quattro grandi sogni che l’Amazzonia mi ispira». «Sogno un’Amazzonia che lotti per i diritti dei più poveri, dei popoli originari, degli ultimi, dove la loro voce sia ascoltata e la loro dignità sia promossa». «Sogno un’Amazzonia che difenda la ricchezza culturale che la distingue. Dove risplende in forme tanto varie la bellezza umana». «Sogno un’Amazzonia che custodisca gelosamente l’irresistibile bellezza naturale che l’adorna, la vita traboccante che riempie i suoi fiumi e le sue foreste». «Sogno comunità cristiane capaci di impegnarsi e di incarnarsi in Amazzonia, fino al punto di donare alla Chiesa nuovi volti con tratti amazzonici». Quattro sogni che corrispondono ad altrettanti capitoli: un sogno sociale, un sogno culturale, un sogno ecologico, un sogno ecclesiale. Sogni e poesie che non hanno alcun timore nell’affrontare il male e nel porre in evidenza le cause dei problemi. Ha scritto Francesco al punto 14 del primo capitolo: «Alle operazioni economiche, nazionali e internazionali, che danneggiano l’Amazzonia e non rispettano il diritto dei popoli originari al territorio e alla sua demarcazione, alla autodeterminazione e al previo consenso, occorre dare il nome che a loro spetta: ingiustizia e crimine. Quando alcune aziende assetate di facili guadagni si appropriano dei terreni e arrivano a privatizzare perfino l’acqua potabile, o quando le autorità danno il via libera alle industrie del legname, a progetti minerari o petroliferi e ad altre attività che devastano le foreste e inquinano l’ambiente, si trasformano indebitamente i rapporti economici e diventano uno strumento che uccide. È abituale ricorrere a mezzi estranei ad ogni etica, come sanzionare le proteste e addirittura togliere la vita agli indigeni che si oppongono a tali progetti, provocare intenzionalmente incendi nelle foreste, o corrompere i politici e gli stessi indigeni. Ciò è accompagnato da gravi violazioni dei diritti umani e da nuove schiavitù che colpiscono specialmente le donne, dalla peste del narcotraffico che cerca di sottomettere gli indigeni, dalla tratta di persone che approfitta di coloro che sono stati scacciati dal loro contesto culturale. Non possiamo permettere che la globalizzazione diventi “un nuovo tipo di colonialismo”». Nello spiegare il ruolo della Chiesa nella vecchia e nuova colonizzazione, il Pontefice ha scritto al punto 19: «Nel momento presente la Chiesa è chiamata ad ascoltare le grida dei popoli amazzonici per poter esercitare in modo trasparente il suo ruolo profetico. Al tempo stesso, poiché non possiamo negare che il grano si è mescolato con la zizzania e che non sempre i missionari sono stati a fianco degli oppressi, me ne vergogno e ancora una volta chiedo umilmente perdono, non solo per le offese della Chiesa stessa, ma per i crimini contro i popoli indigeni durante la cosiddetta “conquista dell’America”, e per gli atroci crimini che seguirono durante tutta la storia dell’Amazzonia. Ringrazio i popoli originari e dico loro nuovamente: “Voi con la vostra vita siete un grido rivolto alla coscienza […]. Voi siete memoria viva della missione che Dio ha affidato a noi tutti: avere cura della Casa comune”». Non di sola denuncia parla il Papa, infatti al punto 17 ha scritto: «Mentre lasciamo emergere una sana indignazione, ricordiamo che è sempre possibile superare le diverse mentalità coloniali per costruire reti di solidarietà e di sviluppo. La sfida è quella di assicurare una globalizzazione nella solidarietà, una globalizzazione senza marginalizzazione. Si possono cercare alternative di allevamento e agricoltura sostenibili, di energie che non inquinino, di risorse lavorative che non comportino la distruzione dell’ambiente e delle culture. Al contempo, occorre assicurare agli indigeni e ai più poveri un’educazione adeguata, che sviluppi le loro capacità e li valorizzi. Proprio su questi obiettivi si gioca la vera scaltrezza e la genuina capacità dei politici. Non sarà per restituire ai morti la vita che si è loro negata, e nemmeno per risarcire i sopravvissuti di quei massacri, ma almeno perché possiamo essere oggi realmente umani». (Antonio Gaspari, direttore www.orbisphera.org)
Papa: Querida Amazonia
20 febbraio 2020